Maratea con Moliterno: città-sorella per costruire una capitale italiana della cultura diffusa e plurale
Si è tenuta ieri presso la sede del Consiglio Provinciale di Potenza la conferenza stampa di presentazione della candidatura di Maratea e Moliterno a Capitale Italiana della Cultura 2026. Due città che unite lavorano alla costruzione di una capitale della cultura diffusa.
Maratea capitale italiana della cultura è una città che scommette sulla pluralità. Sulla pluralità del suo territorio e delle ragioni che sostengono la scelta di candidarsi a un così ambizioso titolo di “rappresentatività”.
Maratea si candida per la sua storia e la sua reputazione. Per far crescere tale bagaglio, spinta da una forte motivazione di riscossa, rimobilitazione e rigenerazione. Maratea si candida per far crescere un progetto razionale di incoming che vada a sostegno delle economie del turismo e, soprattutto, della cultura e della creatività. Maratea si candida per lavorare su radici e potenzialità di una “tradizione” che resta fattore decisivo per ogni futuro.
Maratea si candida per costruire un nuovo sistema di accoglienza e, con esso, una idea nuova di territorio: un territorio rifondato a partire dal tema delle alleanze e delle connessioni, che dia alla Basilicata un rinnovato slancio, che raccolga e innovi l’importante eredità lasciata dell’esperienza di Matera2019, verso un ambizioso processo di ripensamento del proprio sviluppo. In chiave sostenibile, innovativa, che sappia raccogliere e fare proprio quanto di meglio oggi l’Italia, l’Europa e il Mediterraneo abbiano da offrire.
Maratea, quindi, come hub costiero di un piano strategico che si muove verso la Lucania interna, trovando un punto di approdo e sinergia nella città-sorella di Moliterno.
Moliterno che ha scelto di ritirare la propria candidatura per scommettere su una visione di più ampio respiro e lungo termine, consapevole della necessità di fare rete, sistematizzare e razionalizzare le azioni di programmazione che investono tutte le comunità della regione. Uno sforzo di cui ha bisogno la Basilicata e, nel suo complesso, il Sistema-Paese e di cui i Sindaci possono e debbono essere promotori e protagonisti attivi per costruire un movimento diffuso.
In questa ottica, la candidatura di Maratea si profila come una candidatura di area vasta che si propaga dal Mediterraneo all’Appennino, grazie a una vasta rete di supporto di cui Moliterno tira le fila, dall’area della Città del Sapere fino all’Alta Val d’Agri.
Un punto di equilibrio che unisca Nord e Sud, Mare e Montagna, Basilicata e mondo (i lucani che vivono al di fuori della regione sono più del doppio dei suoi attuali residenti), rappresentando così la cifra del pluralismo ambientale e attrattivo italiano radicato nell’immaginario internazionale. Una sintonizzazione naturale, nello spirito di “italianità” della candidatura, con una delle dominanti dell’anno per cui concorre, come il programma delle Olimpiadi invernali “Milano Cortina 2026” (nord e montagna) con il grande effetto sinergico di mettere in agenda anche la relazione sud e mare.
Maratea e Moliterno – insieme ad altri territori della Basilicata che saranno all’appello della conferenza stampa di fine mese – puntano a costruire un laboratorio di innovazione, di collaborazione, di partnership, di rete e di reti, in un pensiero da subito nazionale e internazionale, testimoniato dalla partecipazione diretta agli eventi della capitale di tante e diverse strutture culturali d’Italia.
La programmazione artistico-culturale, di fatti, va delineandosi come un processo di conferimenti che punta ad espandere ben al di là dei confini regionali una rete di alleanze che faccia di questa sfidante e inedita Capitale Italiana della Cultura per il 2026 il catalizzatore di processi di innesco di sviluppo sostenibile che abbia nel lavoro culturale e, dunque, nell’economia dell’immateriale un nuovo innesco.
Una capitale della cultura che abbia cura delle relazioni, tra le persone, le comunità e tra queste e l’ambiente circostante e aiuti così un ripensamento del modo di vivere lo spazio antropico insieme alle sue reti di collegamento, siano essere digitali, infrastrutturali, ma anche culturali e, dunque, simboliche.
Una capitale della cultura diffusa grazie alla quale elaborare significati nuovi alla dimensione della città, valorizzando il patrimonio esistente per costruire quello da consegnare al futuro.
«La riflessione che sta conducendo Maratea su questa candidatura – spiega Stefano Rolando, presidente del comitato scientifico della candidatura – si sfila da ogni arroganza circa il concetto di “capitale”. Capitale, piuttosto, nel senso di organizzatrice di una trama fondata su raccordi, pluralità di progetti, sforzo di rappresentanza, vasta sinergia territoriale. Capitale, ancora, nel senso di un insieme di beni materiali e immateriali (un “capitale”) che possono costruire un valore economico. Capitale – conclude Rolando – nel senso di coniugare cultura e ambiente come questione principale (appunto questione ‘capitale’) dello sviluppo».
Il Sindaco della città, Daniele Stoppelli, pone l’accento anche sull’opportunità che questo processo rappresenta non solo per Maratea ma per i territori coinvolti, sottolineandone le prospettive strategiche. «Maratea – afferma Stoppelli – mette il proprio capitale di immagine, reputazione e storia a disposizione di una partita comune vitale: lo sviluppo della Basilicata e la creazione di nuove opportunità per il futuro per le nostre comunità. Siamo storicamente una città crocevia – prosegue ancora il primo cittadino – con una forte capacità attrattiva e vogliamo continuare ad essere un territorio di riferimento in Europa e nel Mediterraneo».
Lo stesso spirito sinergico ha motivato la decisione della città di Moliterno di non presentare un progetto di candidatura singolo per confluire all’interno del dossier di Maratea 2026 come porta aperta sulle aree interne della Basilicata. «Non serve frammentare – spiega il Sindaco di Moliterno, Antonio Rubino – ma occorre unire. La cooperazione tra i comuni è fondamentale se vogliamo vincere la sfida del futuro. Del resto, la cultura è un patrimonio fatto di relazioni, scambi e contaminazioni: solo insieme si cresce e si vince. Rompere l’isolamento delle aree interne e creare legami strutturali tra queste e la costa – conclude – significa lavorare su strategie di sviluppo solide e durature».